Emanuela Orlandi, la registrazione delle torture è vera ma tagliata. “C’erano due voci maschili, ecco cosa le dicevano”

Caso Orlandi, la rivelazione del poliziotto sulla cassetta: “Le voci maschili erano chiare” “Sono andato andato all’Ansa ( l’agenzia di stampa) a Roma a prendere la music cassetta ( con il nastro ) l’ho ascoltata attentamente”. A parlare durante la trasmissione Quarto Grado, condotta da Gianluigi Nuzzi, in onda su Rete 4 il venerdì, è l’agente di polizia Antonio Asciore ( ex agente Digos). Quest’ultimo fu incaricato dal funzionario di turno di prelevare il nastro inviato all’Agenzia Ansa da anonimi che riguardava il sequestro di Emanuela Orlandi.
Durante la trasmissione Nuzzi ha parlato della musicassetta sulla quale sarebbe stata registrata la presunta voce di Emanuela Orlandi. Nastro dichiarato poi “finto”, tratto da una scena porno, che nulla aveva a che fare con la sparizione di Emanuela Orlandi avvenuta 40 anni fa. Secondo quanto emerso, quella cassetta sarebbe stata ripresa in esame nei giorni scorsi.  Stando a quanto racconta l’agente Asciore, l’audio che lui ha ascoltato durava 8 minuti ed erano presenti ( sempre secondo quanto racconta durante la trasmissione) anche voci maschili ben definite.
“Ho ascoltato il nastro e le voci maschili erano chiare. Dicevano di tenere ferma la ragazza. Stando a quello che ricordo uno dei due ( sembra fossero varie le voci) ordinava alla ragazza di smettere di lamentarsi, un’altra voce, invece, di continuare a torturarla”. Durante la trasmissione Nuzzi ha poi rivelato che il nastro ascoltato tempo dopo ne durava 4.  “L’audio che io ho ascoltato era più chiaro. In questo nuovo audio che ho ascoltato sento dei rumori e non sento più le voci maschili. Sembra che manchino delle parti. In quello che ho sentito io sentivo due o tre voci. Le voci all’epoca non erano molto nitide perché parlavano in maniera veloce, urlavano minacciandola. All’epoca non potevo sapere se la voce fosse di Emanuela Orlandi, lo ha poi confermato tempo dopo il fratello Pietro insieme al padre”.

Il Mistero della cassetta.

I presunti rapitori il 13 luglio di 40 anni fa hanno chiamato un’amica di Emanuela Orlandi e un giornalista dell’Ansa riferendo che avrebbero lasciato sotto il Colonnato di San Pietro una musicassetta. Sia la famiglia ( avvertita dalla amica) sia il giornalista non hanno trovato nulla. Il 17 luglio sia il giornalista sia l’amica hanno poi ricevuto un’altra telefonata dallo stesso presunto rapitore che riferiva di aver lasciato un’altra musicassetta perché la prima l’avevano prelevata alcuni presunti  funzionari vaticani “qualcuno forse aveva già informato il Vaticano stesso”.
Secondo i periti ingaggiati da Pietro Orlandi la cassetta fatta pervenire alla famiglia della ragazza sembrerebbe tagliata ( sempre secondo i periti privati). “Una registrazione di una registrazione” secondo l’ingegnere Perin. Continua dunque il giallo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi soprattutto dopo l’invito di Papa Francesco che ha più volte esortato gli investigatori a fare di tutto per conoscere la verità.
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