Cognati uccisi dal suocero, il figlio disperato: “Me l’ha ammazzata”, i parenti di lui furiosi: “la moglie neppure si piange il marito”

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Un’altra strage ha colpito, dopo pochi giorni dalla morte di Giulia e il suo piccolo mai nato Thiago, la città di Sant’Antimo nel napoletano. Stavolta le vittime sono due giovani cognati genitori di quattro piccoli bambini che resteranno ora orfani di padre e madre. Maria Brigida e Luigi. Due morti davvero inspiegabili. Sono infatti senza davvero una motivazione reale gli omicidi di Luigi Cammisa, 29 anni, e della cognata Maria Brigida Pesacane, 24 anni, ammazzati dal suocero Raffaele Caiazzo, 44 anni, che tira a campare con il reddito di cittadinanza e che conviveva con la certezza che genero e nuora tradissero i suoi due figli, Alfonso e Anna.

Una ossessione quella dell’uomo, osteggiato dai figli che non credevano assolutamente alle accuse del padre tanto da minacciarlo di non fargli vedere più i nipoti. «Alfonso e Brigida racconta una vicina della coppia al Mattino, erano una coppia felice. Lui legatissimo alla moglie, una bella ragazza tutta casa e figli. Era una rara persona che ti fa sentire fortunata di averla conosciuta. Gentile, disponibile con tutto il vicinato e mai una chiacchiera».

Via Caruso, dove abitava Maria Brigida, è epicentro di dolore vero, sincero, attraversato dalle lacrime commosse dei vicini e dal pianto disperato di Alfonso Caiazzo, magrissimo, piegato da una indicibile sofferenza accanto ai familiari increduli. Questo povero ragazzo, scaraventato in una spirale di sofferenza brutale, dopo essere stato avvertito che era «accaduto qualcosa a Brigida», davanti al corpo senza vita della moglie, si è messo a gridare con quanto fiato aveva in corpo: «Me l’ha uccisa, me l’ha uccisa…», prima di sferrare un pugno contro una delle pareti di casa, così forte da procurarsi una frattura alla mano.

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Un dolore da niente, di fronte ad un padre assassino che lo ha reso vedovo, mentre i suoi due bambini di due e quattro anni orfani. Di fronte a tanta disperazione, qui in via Caruso, nessuno dei familiari di Maria Brigida ha alzato la voce, né imprecato e nemmeno si è sognato di minacciare la vendetta contro l’assassino. Alfonso continua a ripetere: «Vita mia, ti porterò un fiore e un lumino ogni giorno». E quando il corpo della moglie viene portato via dal furgone mortuario sotto lo sguardo disperato del marito, lui replica attonito: «Devo andare con Brigida, non può rimanere da sola senza me».

L’altro epicentro del dolore è a pochi metri da piazzetta Sant’Antonio, cuore del centro storico di Sant’Antimo, dove Luigi Cammisa, marito di Anna Caiazzo, è stato ucciso da ben sei colpi esplosi da distanza ravvicinata dal suocero. Luigi si stava recando al lavoro. È morto sull’asfalto, senza nemmeno sapere cosa gli stava accadendo. Una vista orribile, davanti alla quale le sorelle della vittima si sono scagliate con quanta forza avevano in corpo contro Raffaele Caiazzo. Furie trattenute a stento dai carabinieri.

«Era un bravo ragazzo dice un suo collega di lavoro al Mattino, senza grilli per la testa. La sua vita era la famiglia e il lavoro. Chi ha fatto questo deve finire all’inferno». Davanti a un corpo senza vita, martoriato dalla furia omicida, il dolore sfocia nell’odio rivelato dalle parole di alcuni parenti stretti della vittima: «La giustizia dobbiamo farcela noi come si faceva una volta? Possibile?».

Ma tra zii e cugini c’è chi smorza questi toni. E ancora c’è chi insiste: «L’assassino tre anni e sta fuori». Parole pacate da altri cugini della vittima, che seppure addoloratissimi: «Perché tanta follia?». E ancora dicono al giornalista del Mattino: «La moglie se ne è andata. Neppure si piange il marito». «Probabilmente l’hanno portata via. Che stava a fare qui con i suoi due bambini», puntualizza un altro giovane cugino della vittima. Una storiaccia che già ha scavato solchi profondi, dove non attecchisce mai l’amore. Quello benefico e salvifico.

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