Antonio Ciontoli dopo anni racconta gli ultimi momenti di vita di Marco Vannini: “Lui gridava, io pensavo al mio lavoro”

Antonio Ciontoli ha ammesso di aver sparato a Marco Vannini e ha raccontato i dettagli a Storie Maledette, da Franca Leosini su Rai 3. Oggi l’uomo è condannato a 5 anni di carcere per omicidio colposo, una sentenza che ha indignato l’Italia intera. In attesa che si pronunci la Suprema Corte, scopriamo cosa ha raccontato. In primis, l’assassino ha chiesto perdono alla famiglia della vittima: “Spero che un giorno i genitori di Marco possano avere misericordia e perdonarmi”. Quindi, ha spiegato di come, mostrando la pistola al fidanzato della figlia, gli sia partito un colpo.

Un attimo, un dito mosso nella maniera sbagliata, e Marco Vannini non c’è più. Quello che ha sempre sorpreso tutti è stato il momento in cui Antonio Ciontoli stava mostrando la sua pistola. Infatti suo genero era nudo e si stava godendo un bagno nella vasca. “C’era un rapporto molto intimo e particolare con Marco, quindi non c’era nessun problema a vederlo nudo”. Queste parole discordano molto con l’idea che la mamma della vittima aveva di suo figlio. Secondo la donna il giovane era molto riservato, e non avrebbe mai accettato di buon grado una confidenza di questo genere.

Invece a quanto pare Marco Vannoni non soltanto avrebbe condiviso il suo momento nella vasca con Antonio Ciontoli, ma gli avrebbe anche chiesto di mostrargli l’arma. Una pistola che l’uomo possedeva in quanto sottufficiale di Marina distaccato ai Servizi Segreti. Almeno questo è quello che racconta l’imputato: “Lo sparo c’è stato dopo: Marco mi ha chiesto di vedere una pistola ed è partito il proiettile. E’ stato un movimento unico che è durato meno di un secondo, ho caricato e ho premuto istintivamente il grilletto per fargli vedere come funzionava.” Ci sarebbe voluto del tempo prima di rendersi conto che il ragazzo stava perdendo la vita.

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Nei primi istanti Antonio Ciontoli non avrebbe neanche compreso di averlo colpito: “Nei primi secondi mi si è cancellato il cervello e non ho capito nulla. C’era poco sangue e un piccolo buchino”. “Poi lui gridava ma io ho pensato al mio lavoro” così confessa a Giallo. “Nei primi istanti sono rimasto scioccato, pensavo avesse solo un colpo nel braccio. Ho pagato la mia sicurezza. Marco era come un figlio, con lui avevo un rapporto intimo”. Una inesperienza che mal si addice a un uomo d’armi e che non ha mai convinto gli inquirenti, né i genitori della vittima.

Antonio Ciontoli ha raccontato anche come è apparso Marco Vannini nei secondi che sono succeduti allo sparo: “La mia impressione è che lui fosse intimorito, che fosse andato in panico. Non ci siamo confrontati, non mi ha detto ‘mi hai sparato’. Si è lasciato aiutare in questo dolore, si è fidato anche lui di me, come si sono fidati i miei figli, mia moglie e Viola”. E ha fatto male probabilmente, perché questa fiducia lo ha portato alla morte. Sono passati molti anni da quel lontano maggio 2015 e le versioni sono cambiate tanto volte da rendere difficile credere ai racconti, ma questa è sicuramente la sua nuova versione dei fatti.

vannini

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